Dopo decenni di oblio, nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento si assiste al recupero e alla crescente rivalutazione dell’opera di Johann Sebastian Bach. Ad iniziare dall’esecuzione della Passione secondo S. Matteo diretta da un giovanissimo Mendelssohn nel 1829, l’interesse per il sommo compositore rifiorisce infatti in tutta Europa. A livello musicale sono dunque diversi gli autori che nelle loro opere, più o meno apertamente e a vario titolo, lasciano trasparire l’influsso di Bach. E, tra questi, possiamo certamente menzionare Ferruccio Busoni e Paul Hindemith.
La riscoperta del Barocco e l’influsso di Bach
Durante l’eclettico periodo di decadenza del romanticismo intervengono a dar nuova vita all’espressione musicale due correnti tra loro diametralmente opposte:
- L’una radicale.
- L’altra conservatrice.
Se nella corrente radicale l’influsso di Bach non interviene in alcun modo, ben diverso è il caso di quella conservatrice.
La corrente conservatrice
È quindi in ambito conservatore che, grazie al dilagante culto bachiano, viene avviata l’adozione di metodi compositivi barocchi.
Dunque, in una sorta di reazione a quel linguaggio musicale prettamente conforme all’estetica romantica, il ritorno ad uno stile barocco rappresenta la possibilità di:
- Esprimere l’idea musicale in sé e per sé, scevra da qualsiasi significato retorico ed emozionale.
- Evitare un’altrimenti probabile stasi tecnica.
Il modello bachiano
Ecco quindi che il contrappunto puro viene a costituire l’essenza viva della Musica assoluta. Così come presenza viva, e non più figura storica, diviene in questo periodo lo stesso Bach.
Pertanto, per quanto concerne l’organizzazione degli elementi sonori, grazie all’influsso di Bach si manifesta il rinnovato impiego di forme severe quali ad esempio:
- La fuga, che smorza le caratteristiche convenzionali delle composizioni romantiche e, in quanto solida costruzione armonica, ne supera la frequente debolezza strutturale.
- La passacaglia, che assicura la disciplina formale.
Tali aspetti strutturali coinvolgono così non soltanto la sfera squisitamente compositiva, ma anche l’esperienza uditiva dell’ascoltatore.
Alla luce di ciò, i due compositori della generazione post-brahmsiana più profondamente influenzati dallo stile bachiano sono indubbiamente Max Reger e Ferruccio Busoni.
La produzione artistica di Busoni e l’imprescindibile influsso di Bach
Sin da giovanissimo dedito allo studio delle composizioni bachiane, Busoni non è certo estraneo all’atteggiamento coevo verso Bach. Nondimeno, il suo rapporto con il compositore tedesco sembra andar ben oltre le mode del tempo. Difatti, lo considera sì come il grande Maestro da sottrarre al mero accademismo per esser riproposto al pubblico in termini contemporanei e con moderni strumenti… Ma ne rimane proprio totalmente affascinato.
L’intera sua vita artistica è infatti strettamente connessa alla figura di Bach. L’influsso di Bach diviene così onnicomprensiva componente attiva di tutta l’opera svolta da Busoni sul moderno pianoforte.
Musica per il pianoforte moderno
È proprio il pianoforte lo strumento che lo lega a Bach:
- Busoni viene infatti universalmente riconosciuto come sommo interprete delle composizioni di Bach al moderno pianoforte.
- Inoltre, gli originali capolavori di Busoni che traggono ispirazione dall’insegnamento di Bach sono scritti per pianoforte.
- È infine per il pianoforte che, nel suo immenso lavoro di revisione e trascrizione, il nostro autore s’impegna a tradurre le originali musiche bachiane.
Secondo Busoni, infatti, solo i mezzi del pianoforte moderno si addicono appieno alla musica di Bach, e le possono rendere giustizia. Bach diviene anzi il punto di partenza del moderno pianismo.
Da questo pensiero nasce così la necessità per Busoni di impadronirsi attivamente dello stile bachiano, inteso quale totale approccio alla Musica. È da Bach quindi che Busoni mutua e poi rimodula autonomamente il concetto e la prassi della trascrizione, adoperata quale libera forma di ricomposizione musicale.
Revisione e trascrizione delle opere bachiane
Spesso accomunati, gli interventi di revisione e trascrizione sono invece due processi tra loro distinti:
- Busoni definisce rielaborazioni, in tedesco Bearbeitungen, tutte quelle revisioni che adattando alla lingua del moderno pianoforte opere genericamente destinate alla tastiera.
- Riserva invece il termine specifico di trascrizione, ovvero Ubertragung, ai lavori che riproducono sul pianoforte opere destinate ad altri strumenti.
Della sua attività di revisore, Busoni ci lascia la sua testimonianza più completa nei due volumi del Clavicembalo ben temperato, inseriti nella Bach-Busoni gesammelte Ausgabe. Mentre le molte opere bachiane propriamente trascritte vengono raccolte nei venticinque volumi della Bach-Busoni Ausgabe.
In merito alla trascrizione, la posizione del compositore è sufficientemente chiara:
- Ogni notazione è già trascrizione di un’idea astratta.
- Una Musica grande ed universale rimane la medesima qualunque sia il mezzo attraverso cui si faccia sentire.
- Tuttavia, mezzi diversi hanno un loro peculiare linguaggio.
- Per cui, la rielaborazione al moderno pianoforte di una musica concepita per altri strumenti permette di arricchirla con le caratteristiche proprie del pianoforte stesso.
- Al contempo, la realizzazione dell’idea musicale originale viene mantenuta intatta nella sua sostanza.
In definitiva, revisione e trascrizione sono strumento di analisi e di profonda comprensione, in special modo per quanto concerne la produzione organistica di Bach.
Trascrizione delle composizioni per organo
Secondo Busoni, infatti, la riproduzione al pianoforte dei lavori organistici si rivela necessario strumento didattico per completare lo studio pianistico e musicale del grande Maestro.
Inoltre, essendo l’organo ed il moderno pianoforte strumenti a tastiera ben temperati, l’operazione di trascrizione risulta legittima. Offre anzi, grazie a debiti accorgimenti, un arricchimento espressivo dovuto alle maggiori prerogative tecniche del pianoforte, quali la precisione ritmica e la modulazione del tocco. Quindi, sebbene nulla venga aggiunto da Busoni alla sostanza musicale preesistente, viene creata una nuova tecnica pianistica. Questa è caratterizzata da una scrittura al contempo libera e rigorosa, pensata per rendere al pianoforte le svariate possibilità timbriche dei registri d’organo.
In fase di trascrizione, le immancabili difficoltà tecniche vengono brillantemente risolte da Busoni nei seguenti modi:
- Il problema dei raddoppi, ad esempio, viene superato vietando l’arpeggio ed elaborando una disposizione polifonica che ricrei l’effetto dei ripieni e delle misture.
- La presenza di un contrappunto troppo intricato o la concezione di un pezzo per due manuali sono ovviate con una trascrizione per due pianoforti.
- A patto che non offendano lo stile del brano, sono inoltre ammesse omissioni, aggiunte e licenze, e viene previsto l’uso dell’indispensabile pedale di risonanza.
A partire dal Preludio e Fuga in re maggiore BWV 532 del 1888, tutte le trascrizioni da Bach operate da Busoni sono riferite a composizioni organistiche. Con l’unica eccezione della Ciaccona.
Il particolare caso della Ciaccona
Composta nel 1897, la celeberrima Ciaccona è infatti la trascrizione dalla Partita in re minore per violino solo BWV 1004. E, a differenza delle altre trascrizioni, presenta una notevole divergenza tra la forma originale e l’elaborazione concertistica per pianoforte.
Riguardo alla Ciaccona possiamo dunque dire:
- Non è una parafrasi della composizione di Bach, né una fantasia.
- È invece l’ideale prolungamento delle caratteristiche stilistiche del brano originale, amplificate e approfondite nel passaggio dal violino al pianoforte.
- In un atto prevalentemente creativo ma fedele allo stile bachiano, Busoni valorizza così l’armonia e la polifonia originarie, dalle quali traspare la melodia assoluta.
- Il compositore fa inoltre uso di elementi compositivi nuovi, non presenti nella partitura originale ma coerenti con lo sviluppo al pianoforte.
- Privo di forzature e chiaro nelle sue precise indicazioni agogiche e dinamiche, il brano acquista pertanto un notevole arricchimento formale e timbrico.
L’influsso di Bach negli originali lavori per pianoforte
Il profondo lavoro di studio e rielaborazione delle opere bachiane contribuisce a formare la personalità e lo stile individuale di Busoni compositore. Nascono così capolavori pianistici ispirati sì all’insegnamento di Bach, ma totalmente originali e moderni per linguaggio e forma. Ne è un esempio la monumentale Fantasia contrappuntistica. Variazioni sul Corale “Ehre sei Gott in der Höhe”, seguite da una fuga quadrupla basata su un frammento di Bach.
La Fantasia nasce in origine come un semplice completamento della grande fuga a più soggetti del Contrapunctus XIX dell’Arte della Fuga, lasciata incompiuta da Bach. Infatti ai tre soggetti della fuga bachiana Busoni ne aggiunge un quarto, ripreso dal Corale menzionato nel titolo dell’opera. Nel corso delle successive rielaborazioni la Fantasia Contrappuntistica diviene però materiale musicale autentico e nuovo. Questo vale soprattutto per la sua quarta versione, pubblicata nel 1922, che tra tutte è la più ampia e complessa. Scritta per due pianoforti, essa denota infatti una grande libertà di forma applicata ad una magistrale padronanza dell’architettura musicale.
Un nuovo pensiero estetico
L’influsso di Bach e la frequentazione della sua opera contribuisco a stimolare anche a livello teorico la speculazione del pensiero busoniano.
Esemplare è la futuristica Proposta di una notazione pianistica organica esemplificata sulla “Fantasia cromatica in re minore” di J. S. Bach, pubblicata nel 1910 in appendice al settimo volume della Bach-Busoni Ausgabe. Qui Busoni propone, idea ben presto abbandonata, l’adozione di un nuovo sistema notazionale basato sulla disposizione grafica dei dodici intervalli cromatici.
Ancor più completa è la presentazione del pensiero estetico busoniano nell’Abbozzo di una nuova estetica della musica. Questo saggio riporta come centrale il concetto di Nuova Classicità, elaborato dal compositore in opposizione ai coevi movimenti neoclassici. Tale concetto consiste nella padronanza e nell’uso delle tecniche musicali del passato, volte però per continuità storica alla conquista del nuovo.
Nel quadro della cultura berlinese degli anni Venti, le vicende musicali del Busoni ormai maturo s’intrecciano a quelle di un altro illustre compositore, Paul Hindemith. Anch’egli legato, sotto alcuni importanti aspetti, alla figura e all’influsso di Bach.
L’influsso di Bach nella visione formale di Hindemith
L’esperienza estetica e culturale di Hindemith si mostra estremamente variegata e passa attraverso diverse tappe, tra le quali:
- L’Espressionismo.
- La Musica d’uso, ovvero la Gebrauchmusik.
- La Nuova Oggettività, ossia la Neue Sachlichkeit.
Quest’ultima è una tendenza artistica che promuove la riaffermazione di una costruzione musicale artigianale, saldamente basata sul contrappunto e sulle antiche geometrie ritmico-armoniche.
Musica tra passato e presente
Tuttavia il ritorno al passato non è concepito da Hindemith come banale ripresa di una vecchia concezione. È invece la continuazione di un qualcosa che è eternamente alla base di ogni realtà musicale.
Per cui, in questa nuova fase della sua esperienza musicale, il compositore sembra incline a:
- Inquadrare le conquiste dell’espressionismo in strutture contrappuntistiche sempre più precise e coerenti.
- Porre in una sorta di rapporto dialettico il passato, ricco di valori e tradizioni, con un presente più grezzo.
- Riscoprire così la valenza sociale della Musica, nella quale tende a riflettersi la concezione di un ordine universale armonioso.
Quindi, un ritorno al passato così concepito significa, per Hindemith, un ritorno a Bach.
L’influsso di Bach attraverso Max Reger
Riguardo al rapporto di Hindemith con l’opera bachiana, la prima influenza di cui egli risente nella sua formazione di compositore è quella di Max Reger. Come già Busoni, anche Reger cerca infatti di sottrarsi al complesso ideologico ed estetico del wagnerismo, richiamandosi alla perfezione strutturale e formale della musica di Bach. Specialmente di quella organistica.
Perciò, nella vasta e articolata produzione di Hindemith si scorgono elementi riconducibili alla personalità artistica di Reger, quali:
- Ovviamente, in primis il ritorno a Bach.
- Il ripristino dei diritti della forma.
- Una maestria nella creazione contrappuntistica assimilabile ad un’abilità tecnica di tipo artigianale.
Per merito anche di Reger, l‘esperienza compositiva hindemithiana si rivela così più vicina a Bach di quanto non possa sembrare all’apparenza. Dopotutto, il modello bachiano non viene dimenticato da Hindemith neppure nei momenti di creazione artistica più polemici e ambigui. Il richiamo a Bach risulta quindi essere un presupposto fondamentale della sensibilità musicale del compositore, che trova nel contrappunto il suo ordine ideale. Le architetture polifoniche e la tecnica costruttiva suppliscono in qualche modo al rigido trattamento melodico e all’assenza dell’espressione degli affetti che caratterizzano la scrittura hindemithiana.
Le tre Sonate per organo
Un felice esempio del profondo legame che unisce Hindemith all’esperienza bachiana è fornito dalle tre Sonate per organo. Queste, unitamente al Concerto op. 46 n. 2 per organo e orchestra da camera, costituiscono le uniche composizioni hindemithiane dedicate all’organo.
Nello specifico, le prime due Sonate, scritte a Berlino, risalgono al 1937, mentre la terza viene composta negli Stati Uniti nel 1940. La prima Sonata per organo risulta essere la più ampia ed articolata delle tre, e si compone di quattro movimenti. Scritta in un delicato linguaggio semplice e lineare, in essa è evidente la presenza di elementi formali di gusto bachiano.
Le Kammermusiken: l’influsso di Bach nella struttura formale
Nel ricercare una maggiore obiettività e disciplina per la propria scrittura musicale, Hindemith si ispira soprattutto ai più grandi capolavori creati dal genio di Bach. Ecco quindi che per le sue Kammermusiken n. 2-7 egli prende spunto dai celeberrimi Concerti Brandeburghesi. Riuscendo per giunta a fondere il modello bachiano con materiali moderni ed estremamente dinamici.
Le Kammermusiken, composte tra il 1921 e il 1927 nella cornice concettuale della Nuova Oggettività, sono una serie di sette lavori concertanti:
- Vengono pensate per un organico dai dodici ai venticinque strumenti, anche solisti, ovvero pianoforte, violoncello, viola, viola d’amore e organo.
- Sono caratterizzate da precise trame contrappuntistiche.
- Riprendono quindi lo stile compositivo bachiano.
- Inoltre, il contrappunto, la fraseologia ritmica ben definita e l’uso del ritornello rimarcano in esse la peculiare struttura formale.
- La costruzione musicale viene quindi espressa pressoché in termini architettonici.
Il contrappunto della Kleine Kammermusik
Infine, il lavoro hindemithiano che a buon diritto si potrebbe definire quasi il manifesto del neo-oggettivismo è la Kleine Kammermusik op. 24 n.2.
Composta nel 1922 per quintetto di fiati, prevede nel suo organico flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno. E, nonostante la scrittura politonale, il legame con l’esperienza bachiana vi emerge ancora una volta nell’uso preciso del contrappunto. Quest’ultimo esalta le peculiarità sonore dei vari strumenti, in un gioco concertante di razionalismo geometrico.
La composizione si divide in cinque movimenti, quasi a ricordare la struttura di una Serenata settecentesca:
- Il primo movimento Lustig è un libero gioco contrappuntistico.
- Segue poi il secondo movimento in tempo di Valzer.
- Il terzo movimento è il Ruihg und einfach in forma di romanza, ove la melodia accompagnata è affidata ad oboe e fagotto.
- Il brevissimo quarto movimento è costruito sull’alternanza di violenti passaggi omoritmici e piccole cadenze solistiche eseguite dai cinque strumenti.
- Il finale presenta invece una scrittura più consistente, caratterizzata da un impulso ritmico che termina sull’accordo finale di mi maggiore.
Fonti
- Martin Cooper (a cura di): Storia della Musica (The New Oxford History of Music), vol. 10, Milano, Feltrinelli, 1987.
- Sergio Sablich: Busoni, Torino, EDT, 1982.
- Guido Salvetti: La nascita del Novecento (Storia della Musica, vol. 10), Torino, EDT, 2013.
- Corrado Setti, Gabriella Goglio: Tempi perduti e visioni future, Milano, Lampi di stampa, 2015.
- https://interlude.hk/back-to-bachhindemith-and-bach/
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